La pandemia ha evidenziato quale principale vulnus del sistema sanitario italiano significativi gap nell’assistenza di prossimità. Con il DM 77/2022, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR, si è inteso riorganizzare il Sistema Sanitario Nazionale nell’ottica di un potenziamento dell’assistenza territoriale e di una piena integrazione dei servizi: sanitari, socio-assistenziali e sociali.
Le nuove strutture previste da DM 77 e PNRR
Tra i punti cardine della riforma – che individua nelle farmacie il primo presidio sanitario di prossimità – la realizzazione di Centrali Operative Territoriali – COT, di Case e Ospedali di Comunità, il potenziamento della telemedicina e dell’assistenza domiciliare. Elementi chiave questi necessari ad affrontare le sfide legate all’invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza delle malattie croniche.
In questa prospettiva, le COT sono state progettate come hub organizzativi per migliorare il coordinamento tra ospedali, medici di famiglia, assistenza domiciliare e servizi sociali quindi, per garantire una presa in carico continua e personalizzata dei pazienti.
Le COT: scadenze europee e rimodulazione del target
Secondo i dati pubblicati sul portale del Ministero della Salute che monitora lo stato di attuazione della Missione Salute del PNRR, al 31 dicembre è stata raggiunta la scadenza relativa all’entrata in funzione di almeno 480 Centrali Operative Territoriali. Le risorse assegnate a questo target ammontano a 280 milioni di euro. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha confermato alla Camera che la rendicontazione di questo obiettivo è stata inviata alla Commissione Europea, avviando così la procedura per il versamento della settima rata da 18,3 miliardi di euro.
Appare opportuno ricordare che il target minimo di COT era stato inizialmente fissato a 600, ossia una COT ogni 100mila abitanti, proporzionalmente distribuite sul territorio nazionale. L’aumento dei costi energetici e delle materie prime ha portato ad una successiva rimodulazione che ha ridotto del 20% l’obiettivo – da 600 a 480 COT – e prorogato la scadenza dal 30 giugno al 31 dicembre 2024.
La rimodulazione non modifica tuttavia il numero iniziale di COT da attivare, ma riduce prudenzialmente il target EU per garantire l’erogazione delle risorse previste dal PNRR. Ne consegue che le ulteriori 120 COT dovranno essere realizzate con altri fondi non ancora definiti.
L’analisi GIMBE e le criticità evidenziate
«A questo riguardo, tuttavia – ha commentato Nino Cartabellotta, Presidente GIMBE, che prosegue nella sua attività di monitoraggio indipendente circo lo stato di avanzamento delle riforme e le criticità in essere – fino a quando non saranno pienamente funzionanti tutte le 611 COT previste originariamente, si registrerà un aumento del carico di lavoro per quelle attive, che si troveranno a gestire un bacino di utenza più ampio, rischiando di compromettere la qualità dei servizi».
Altresì, GIMBE evidenzia che «Anche se non condizionano l’erogazione dei fondi del PNRR i target nazionali richiedono un attento monitoraggio perché potrebbero compromettere le correlate scadenze europee».
Ancora, ha evidenziato il Presidente Cartabellotta «ad oggi non è disponibile pubblicamente la relativa distribuzione regionale delle COT pienamente funzionanti al 31 dicembre 2024, indispensabile per monitorare l’equità territoriale». Secondo l’ultimo dato reso pubblico dall’Agenas il 18 settembre 2024, al 30 giugno risultavano pienamente funzionanti 362 COT, pari al 59% del totale previsto prima della rimodulazione, ovvero 611 COT.
Il nodo cruciale del personale e il rischio ‘scatole vuote’
A complicare ulteriormente lo scenario, la forte carenza di personale, in particolare infermieristico che caratterizza questo momento storico e che rischia di compromettere l’effettiva operatività delle COT.
Più in dettaglio, secondo le stime dell’Agenas per il funzionamento delle COT servirebbero da 2.400 a 3.600 unità di infermieri di famiglia e di comunità (IFoC), ovvero un coordinatore infermieristico, oltre a 3-5 IFoC per ciascuna COT, personale per il quale sono già stati stanziati 480 milioni di euro dal DL 34/2020. Un fabbisogno che stride con sia con la carenza di personale infermieristico (nel 2022 6,5 per 1.000 abitanti, rispetto alla media OCSE di 9,8), sia con il basso numero di laureati (nel 2022 16,4 per 1.000 abitanti, rispetto alla media OCSE di 44,9), sia con la scarsa attrattività della professione visto che per l’Anno Accademico 2023-2024 sono state presentate 23.627 domande per 20.058 posti disponibili e per il 2024-2025 21.250 domande per 20.435 posti.
«Inevitabilmente – ha concluso Cartabellotta – la crisi del personale sanitario, in particolare quello infermieristico, si ripercuote a cascata sulla riforma dell’assistenza territoriale programmata dal PNRR che rischia di trasformarsi in una occasione mancata. È inaccettabile che, mentre si celebrano giustamente gli obiettivi raggiunti, si perda di vista che l’indebitamento del Paese rischia di non avere alcun beneficio per la salute delle persone. Ovvero, il fine ultimo del PNRR non può limitarsi al rispetto delle scadenze per incassare le rate: ma è cruciale garantire che queste riforme lascino un’eredità duratura per tutelare la salute di tutte le persone, riducendo le diseguaglianze regionali e territoriali e assicurando un’assistenza sanitaria equa e universale».