Negli ultimi anni, l’attenzione della comunità medico-scientifica si è focalizzata in maniera crescente sulla Nutrizione di precisione – cui è stata dedicata una sessione nel XLIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutrizione Umana – SINU, ospitato a Piacenza tra il 4 e il 6 giugno – che ha messo in evidenza le principali evidenze in argomento.

La nutrizione di precisione punta ad interventi nutrizionali personalizzati partendo dal presupposto che i meccanismi alla base degli effetti degli alimenti e dei nutrienti sulla salute variano tra gli individui in base alle caratteristiche personali degli stessi.

Un elemento quest’ultimo che acquisisce crescente centralità nel diabete – una delle patologie croniche più diffuse al mondo, con preoccupanti previsioni di crescita nel medio periodo e un burden sociale, sanitario ed economico molto importante – influenzato in modo determinante dal cibo che i pazienti assumono. Ne consegue che, un approccio nutrizionale personalizzato può aiutare questi pazienti da una parte nella gestione della patologia e dall’altra concorrere a prevenirne lo sviluppo.

Il diabete, una patologia con cause eterogenee

Le attuali conoscenze evidenziano sempre più come il diabete sia una malattia dalle cause molto eterogenee. Questo implica che i fattori che contribuiscono alla sua gravità differiscono da persona a persona. E’, quindi, probabile che gli alimenti svolgano un ruolo diverso nei diversi soggetti, interagendo con la genetica o con altre caratteristiche individuali quali l’età, il sesso, l’etnia, la composizione del microbiota intestinale.

L’influenza di fattori individuali sulle variazioni glicemiche post prandiali

Queste tematiche sono tuttora oggetto di ricerca, anche se già oggi studi molto ampi di popolazione hanno evidenziato i benefici della dieta Mediterranea: difatti, tra coloro che seguono questo regime alimentale, anche quanti geneticamente predisposti sviluppano il diabete in una percentuale significativamente minore di casi rispetto a quanti seguono altri tipi di diete. 

Altresì, studi sperimentali condotti presso l’Università di Napoli “Federico II” hanno messo in luce come le caratteristiche individuali influenzino l’entità e le caratteristiche temporali dell’aumento della glicemia che si verifica dopo l’assunzione del pasto. 

Le variazioni glicemiche – alla base delle complicanze della patologia – sono, ad esempio, influenzate dal genere: le donne, rispetto agli uomini, sperimentano un aumento postprandiale della glicemia più marcato e repentino. Alla luce di ciò, appare preferibile che le stesse seguano una dieta a basso indice glicemico per evitare pericolosi ‘picchi’ dopo i pasti.

Un altro studio ha riguardato l’influenza del microbiota intestinale sulla risposta glicemica postprandiale.

Tra i pazienti con diabete di tipo 1, è emerso che una maggiore abbondanza di specie batteriche benefiche produttrici di idrossibutirrato, come è il caso dell’Eubacterium rectale, determina un incremento minore della glicemia dopo i pasti. 

Questi risultati aprono la strada a terapie sempre più personalizzate che andranno ad impattare positivamente sia sugli esiti di salute dei pazienti, sia sul sistema sanitario nel suo complesso grazie anche ad un importante contenimento dei costi dovuti alle complicanze della patologia.