La longevità si esercita a partire dal pensiero che apre alla possibilità e all’acquisizione di nuovi comportamenti. La vera sfida non è solo vivere più a lungo, ma in salute a lungo, costruendo un futuro in cui ogni anno in più, sia un passo compiuto verso anni di benessere e di opportunità. Il Milan Longevity Summit nasce con questa visione lungimirante, di Viviana Kasam, a cui tutti i partecipanti hanno dedicato un ringraziamento, un riconoscimento e un tributo.
La longevità deve, dunque, essere uno spazio di “investimento” per alimentare iniziative, dare sostanza a laboratori di scienza, per incentivare e promuove educazione, del singolo e della collettività. È questo il messaggio chiave con cui si è aperta la seconda edizione della manifestazione, insegnando che la longevità è un viaggio di vita che inizia nell’utero materno e accompagna fino alla centenarietà.
A lungo e nel miglior benessere possibile
Un obiettivo strategico e raggiungibile grazie ad una alleanza tra medicina, ricerca biomedica e clinica, istituzioni, ministeri, cittadinanza e territorio. La longevità è una sfida globale che va affrontata in maniera inter e multidisciplinare, che vede partecipe la scienza e il mondo accademico. La longevità è un l’investimento sociale in cui si consolidano obiettivi di prevenzione, di promozione dell’innovazione, di attenzione a una ricerca di genere quale risposta di equità alle cure e di efficienza sanitaria, quindi di sostenibilità delle cure e del sistema. La longevità è un impegno verso l’educazione e il supporto di stili di vita sani a partire dalla giovani generazioni meno “dipendenti “dal rischio di malattia croniche e dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN) in età adulta.
La longevità è un investimento in nuove frontiere della ricerca, tra cui la neuroestetica, che punta a utilizzare e esplorare la bellezza come mezzo di cura: studi scientifici dimostrano che l’esposizione a forme artistiche, a paesaggi luminosi, a ambienti e spazi architettonicamente curati possono contribuire a ridurre lo stress, a migliorare le capacità cognitive, ad accelerare i processi di guarigione.
La longevità si fonde quindi anche sull’interazione, positiva, con l’ambiente circostante. La longevità è investimento in formazione per promuovere maggiore consapevolezza di clinici e sanitari, per cerare luoghi di cura trasformandoli in spazi di benessere. In un’ottica di investimento per la società, la longevità va intesa e vissuta come responsabilità individuale e collettiva.
Non solo terapie
Farmaci e terapie innovative favoriscono il traguardo della longevità, supportato da un SSN efficiente, da strutture ospedaliere e medici di eccellenza, dalla ricerca clinica e di base. In questo contesto in cui interagiscono stili di vita e socialità, quest’ultima elemento di comprovata efficacia nel rallentare l’insorgenza dei disturbi cognitivi e neurologici, è necessario riportare al centro delle politiche la prevenzione, l’educazione ad uso oculato dei farmaci, all’appropriatezza prescrittiva evitando l’assunzione di comportamenti tipici di una medicina difensiva, innescando i delicati problemi delle interazioni terapeutiche, delle politerapie, dell’aderenza terapeutica.
Il farmaco non è la “scorciatoia” verso la longevità, né un sostituto dell’acquisizione di buoni comportamenti corretti che richiedono un impegno mantenuto nel tempo per diventare salute. La longevità è investimento nella conoscenza, nello sviluppo di nuove aree di ricerca, tra queste dei meccanismi molecolari, cellulari, dei biomarcatori e delle neuroscienze. E delle cellule staminali, un promettente “target” per applicazioni future. Ambiti che richiederanno, tutti, anche un upgrade dei regolatori e della sperimentazione clinica.
Le frontiere della ricerca
Si punta allo studio delle cellule staminali, in particolare delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS, induced Pluripotent Stem Cells), ovvero cellule “riprogrammate” e generate in laboratorio per creare da una cellula staminale madre, generalmente il fibroblasto delle cute, ogni cellula del corpo – cardiaca, cerebrale, epatica, ovarica, ed ogni altra tipologia – identica ad una cellula staminale ma riportata allo stato embrionale.
Una strategie che potrà fornire risposta a numerose patologie dell’invecchiamento, quali la perdita di vista, il diabete, i disturbi ematologici, le malattie cardiovascolari, infiammatorie e neurodegenerative, i tumori ma anche per riparare i tessuti danneggiati, come stanno dimostrando studi preliminari del professor Shinya Yamanaka, premio Nobel per la Fisica e medicina nel 2012, o studi del professor Vittorio Sebastiano, biologo, all’Università di Stanford, applicate al ringiovanimento dell’ovaio, organo centrale in cui risiedono le cellule uovo, responsabili del non invecchiamento della specie.
Le iPS, ad esempio, potranno essere fruttate per creare nuovi tessuti ovarici, con la prospettiva di essere trapiantati in futuro nell’organismo della donna per ritardare la menopausa, a vantaggio di un migliore invecchiamento, o per risolvere problemi di perdita della riserva ovarica, fino a potere sostituire o “complementare” l’ovaio invecchiato, o non ultimo per riprogrammare parzialmente, la funzione ovarica, senza alterarne l’identità all’origine.
E poi nuove tecnologie, legate all’Intelligenza Artificiale ad esempio che sta permettendo attraverso studi sull’invecchiamento del volto, incrociando parametri di temperatura in determinate aree del volto (perinasale e perioculari) con fattori genetici, biomarcatori, stili di vita e fattori ambientali, di predire il rischio individuale per specifiche di patologie come stroke o forme di demenze. Il futuro della medicina dell’invecchiamento e della medicina rigenerativa è già iniziato.