«Un ulteriore nulla di fatto. Il nuovo codice stradale, approvato dal Governo Meloni, non cambia la posizione nei riguardi di pazienti che assumono a scopo terapeutico, cannabinoidi o altre sostanze psicotrope. Ad un controllo delle pattuglie della stradale potremmo risultare positivi ad un eventuale test per TCH (tetraidrocannabinolo), con il rischio di essere considerati “addicted” al consumo e uso di sostanze illegali. Una lesione alla nostra dignità di persone e di pazienti». È quanto ci ha dichiarato Elisabetta Biavati, presidente e fondatrice dell’Associazione Pazienti Cannabis Medica Aps, esprimendo totale disappunto alla normativa sul Codice della Strada entrata in vigore dal 14 dicembre scorso.

Cosa prevede il nuovo codice

Multe più severe – tra 250 e 1.000 euro – per chi è al volante e tiene in mano uno smartphone, sanzioni pecuniarie pesanti e ritiro della patente, fino alla possibilità di reclusione per guidatori in stato di ebbrezza, ritiro immediato della patente anche per chi si pone al volante sotto l’influenza di droghe e sostanze stupefacenti, per le quali sono previsti controlli più severi in grado di rilevarne la presenza anche giorni dopo l’assunzione, e in assenza di effetti collaterali visibili. Peccato che, fra questi ultimi, rientrano anche pazienti che fanno uso di cannabinoidi o altri farmaci contenenti sostanze illecite ad uso terapeutico, sotto stretto controllo e prescrizione medica. Pazienti che con queste nuova normativa, rischiano di essere qualificati come dipendenti da sostanze: un colpo basso alla dignità di persone che trovano sollievo in queste terapie a pesanti problemi di salute.

La voce dei pazienti

Fioccano i timori e le preoccupazioni, raccolte e giunte all’Associazione Pazienti Cannabis Medica Aps, da persone che fanno uso di cannabis medica o di altri prodotti, da cerotti, a benzodiazepine a oppiacei, facilmente rilevabili da un tampone ai posti di blocco, con esiti, oltre che lesivi per la persona, anche con implicazioni e ripercussioni su Commissioni Mediche e dunque sulla possibilità di rinnovo della patente. Una criticità importante a cui i pazienti chiedono misure cautelative, in primo luogo la predisposizione urgente di una circolare rivolta alle forze dell’ordine che esentino dalla somministrazione di specifici test per la rilevazione di sostanze, i pazienti che fanno uso di cannabis terapeutica, dietro presentazione del piano terapeutico o di prescrizione e ricette. Chiedono inoltre, tramite la voce di Elisabetta Biavati, l’apertura di un tavolo tecnico finalizzato alla stesura di Linee Guida italiane dedicate, composto da esperti, quali farmacologi, neurologi, farmacisti, medici legali, avvocati, associazione di medici e di tutti coloro che hanno personalità giuridica e autorevole che esprimere parere in merito, e da pazienti e Associazioni pazienti in qualità di garanti.

Un codice identificativo 

Una soluzione pratica, suggerita da medici che collaborano con l’Associazione e che i pazienti hanno accolto di buon grado, potrebbe riferirsi all’applicazione sulla patente di un codice, ovvero una sorta di bollino che identifica la persona come paziente curata con sostanze stupefacenti (oppiacei, anfetamine, benzodiazepine ed altri): una soluzione che difende anche la privacy della persona (non più costretta a mostrare un certificato che ne giustifica l’uso nel trattamento di patologie anche delicate, come vulvodinia o ansia e depressione, ad esempio), oltre che la sua dignità. In buona sostanza la nuova normativa che ha tolto l’art. 187, presente nel vecchio ordinamento e che prevedeva la possibilità di dimostrare uno stato di alterazione psicofisica, sta arrecando un grave danno ai pazienti in cura con cannabis medica. Tanto più che molti sono alla ricerca di metodi per eliminare/evitare l’effetto sballo, giudicato molto fastidioso ed esistente fino a che gradualmente l’organismo non si abitua all’assunzione di sostanze psicotrope. Che, come detto e ribadiamo dalla vice di Elisabetta Biavati, sono per questi pazienti, farmaci non droghe.

Fonti