Il deterioramento cognitivo e la demenza sono problemi di salute pubblica in costante aumento, soprattutto in considerazione della crescente longevità della popolazione mondiale. Difatti, la prevalenza della demenza aumenta esponenzialmente con l’avanzare dell’età, passando dallo 0,8% – 6,4% nella popolazione di età superiore ai 65 anni al 28,5% tra i novantenni dell’Unione Europea. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stima che circa 50 milioni di persone nel mondo convivano con la demenza, un numero destinato a triplicare entro il 2050.
Il burden socio-sanitario della demenza
La demenza, una sindrome che comprende oltre 200 condizioni, è caratterizzata da un progressivo deterioramento cognitivo e da un declino delle capacità funzionali, spesso accompagnato da sintomi comportamentali e psicologici.
Due delle sue forme più diffuse sono il deterioramento cognitivo vascolare e la malattia di Alzheimer. Queste condizioni non solo hanno un impatto sulle persone che ne sono affette, ma mettono anche a dura prova le famiglie, i caregiver e i sistemi sanitari. Le implicazioni sociali ed economiche sono profonde e comprendono la perdita di produttività, l’aumento dei costi sanitari e un notevole carico emotivo e fisico per i caregiver.
La ricerca per prevenire mitigare o rallentare il declino cognitivo e demenza
La ricerca di interventi efficaci per prevenire, ritardare o migliorare il declino cognitivo è di fondamentale importanza, soprattutto alla luce dei complessi meccanismi alla base del declino cognitivo e della demenza legati all’età.
Questi meccanismi comprendono uno spettro di patologie che vanno dai problemi micro-vascolari alle patologie macro-vascolari come l’aterosclerosi e l’ictus. Inoltre, la neuro-infiammazione, la perdita di sinapsi, i danni alla sostanza bianca e le alterazioni della connettività, la disfunzione metabolica neuronale e le patologie da amiloide svolgono un ruolo significativo nella progressione del deterioramento cognitivo e della demenza.
Dai trattamenti farmacologici all’integrazione nutrizionale
Sebbene i trattamenti farmacologici abbiano mostrato alcuni benefici, potrebbero non essere in grado di affrontare completamente la natura multiforme del declino cognitivo. Ciò ha portato a un crescente interesse per gli approcci alternativi, in particolare per gli interventi dietetici e l’integrazione nutrizionale come potenziale mezzo per sostenere la salute cognitiva. L’alimentazione svolge un ruolo cruciale per la salute del cervello e le carenze di specifici nutrienti sono state messe in relazione con i disturbi cognitivi.
Una rassegna, condotta tra Ungheria e Stati Uniti e pubblicata su Nutrients, ha inteso sintetizzare l’attuale ricerca clinica sull’efficacia di vari integratori alimentari – tra cui vitamine, minerali, antiossidanti e altri componenti della dieta – nel migliorare la funzione cognitiva e potenzialmente attenuare il rischio o la progressione della demenza.
I maggiori topic al centro della rassegna
Attraverso una valutazione sistematica di studi controllati randomizzati, studi osservazionali e meta-analisi, questa revisione si concentra su risultati quali il potenziamento della memoria, il miglioramento dell’attenzione, il supporto alle funzioni esecutive e la neuro-protezione.
I risultati evidenziati
I risultati suggeriscono una complessa interazione tra integrazione nutrizionale e salute cognitiva, con alcuni integratori che mostrano risultati promettenti e altri che mostrano un’efficacia limitata o dipendente dal contesto. La revisione sottolinea l’importanza del dosaggio, della biodisponibilità e delle differenze individuali nella risposta all’integrazione. Inoltre, affronta i problemi di sicurezza e le potenziali interazioni con i trattamenti convenzionali.
Osservazioni conclusive
Fornendo una chiara panoramica delle attuali conoscenze scientifiche, il lavoro mira a guidare gli operatori sanitari e i ricercatori nel prendere decisioni informate sull’uso degli integratori alimentari per la salute cognitiva, hanno concluso gli autori dello studio.