Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, pica e disturbo da ruminazione. Sono solo alcuni dei Disturbi della Nutrizione e Alimentazione (DNA), in costante aumento in Italia e nel mondo, secondo le stime diffuse in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata a queste problematiche (15 Marzo 2025).
Il farmacista, prima sentinella sul territorio, nel percepire la presenza di un potenziale problema di alimentazione in atto e guida autorevole nell’orientare la persona/paziente verso figure professionali più competenti, laddove necessario, come psicoterapeuti e nutrizionisti.
Un fenomeno in aumento
Più di tre milioni di italiani sono interessati da DNA, oltre il 5% della popolazione, e tra questi soffrono di anoressia o bulimia (Dati Osservatorio ABA e ISTAT) ben l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi. A livello mondiale, decine di milioni di giovani e di adulti si ammalano di DNA ogni anno e in misura sempre maggiore. La pandemia ha peggiorato ulteriormente la situazione, con un incremento di casi stimato di almeno il 30-35% e un abbassamento dell’età di esordio: 11-15 anni, con prevalenza maggiore fra le ragazze. In alcuni casi, la prima manifestazione è ancora più precoce: 8-9 anni circa. La farmacia, per la popolazione, resta un punto di riferimento, un accesso previlegiato per un primo counselling.
Un problema che coinvolge l’intera popolazione. Ragazze e ragazzi, adolescenti di entrambi i sessi, giovani donne, genitori di figli e figlie. “Non c’è un identikit del paziente tipo che entra in farmacia per chiedere un consiglio per un problema di DNA – spiega Angela Margiotta, farmacista e Presidente dell’Associazione Farmaciste Insieme –. Il problema interessa l’intera popolazione, riceviamo richieste di informazione da parte dei genitori, ma anche dagli stessi giovani che a volte mascherano e loro domande facendole passare come un bisogno di aiuto di altri. In molti casi, invece, i giovani entrano in farmacia proprio per raccontarsi, un segnale importante che conferma come sul territorio la nostra categoria rappresenti per l’intera comunità un presidio e un baluardo per la salute”.
Dal counselling in loco al consiglio di rivolgersi a un esperto
Il tipo di intervento che il farmacista può offrire a questa popolazione varia in funzione della gravità del problema sospettato, ma anche dell’apertura a parlarne da parte del paziente stesso. “I segnali di allarme di un possibile DNA ci sono. Passano innanzitutto – prosegue la dottoressa Margiotta – dall’aumento di acquisto, più frequente e massiccio, di lassativi, nel caso di bulimia o di binge eating disorder, ad esempio, finalizzati al dimagrimento. Al minimo sospetto è nostro compito porre le prime domande, indagare sul problema, informare i ragazzi o la persona del rischio di un abuso o di uso incontrollato e indisciplinato di questi medicinali, fino a indirizzare il paziente al consiglio di un esperto, come un psicoterapista o un nutrizionista, per fare la giusta diagnosi e impostare l’adeguata terapia, laddove se ne intravveda la necessità. Va infatti tenuto conto che in molti casi i DNA sottendono anche problemi di natura psichiatrica che si sono manifestati in misura evidente e maggiore, come slatentizzati, nel corso e dopo la pandemia”.
I dati attestano che a seguito del lockdown 14 milioni di persone, tra cui 3 milioni di bambini e adolescenti, hanno manifestato DNA, trovando nella farmacia un luogo di incontro anche emotivo con il farmacista: una occasione di dialogo e di confronto, favorito soprattutto da farmaciste donne. “Per una questione prettamente numerica – aggiunge Angela Margiotta – la nostra categoria è rappresentata per l’80% da donne, la farmacista è l’interlocutrice privilegiata, tenuto conto anche dell’indotto in farmacia per che il 70% è fornito dalle donne, le quali sono anche care-giver. Pertanto le mamme o le giovani che entrano in maggior numero nei nostri presidi, dialogano preferibilmente con una farmacista, con cui riescono a instaurare una maggiore empatia. La farmacista donna apporta un valore aggiunto alla relazione”.
La farmacia è diventata dunque dalla pandemia un punto di arrivo a cui potersi rivolgere per un consiglio autorevole, ma anche di partenza per l’avvio del paziente a professionisti o a percorsi di maggiore pertinenza in funzione della problematica in atto.
Progetti sui DNA
Alcuni progetti sui DNA hanno preso avvio anni addietro in farmacia. Ad esempio Farmaciste Insieme aveva firmato un protocollo d’intesa con Donna Donna Onlus, presieduta dalla dottoressa Nadia Accetti, lei stessa portavoce e testimonial della sua storia di DNA ,per sensibilizzare alla problematica sul territorio campano. Dall’iniziativa è stata poi sviluppata una locandina con QR Code per accedere a una campagna informativa, portata anche all’interno delle scuole, e a centri specialistici con psicologi e nutrizionisti. “Per il 2026 – conclude la dottoressa Margiotta – come Associazione Farmaciste Insieme vogliamo riproporre un progetto educazionale nelle scuole per fare (in)formazione sulla giusta e sana alimentazione fra i ragazzi”. Per arginare il problema là dove nasce.