C’è un dolore che brucia, che mutila, che condanna alla sofferenza cronica senza una ferita visibile. Un dolore che non sanguina, ma che rovina vite, isola, trasforma persone sane in fantasmi di se stesse. È il dolore neuropatico post-traumatico, una condizione invalidante che la medicina moderna ha ormai riconosciuto come entità clinica autonoma, ma che continua a essere ignorata nei palazzi della medicina legale e delle istituzioni politiche.

Perché? Semplice: perché il dolore che non si vede è il dolore che si può fingere di non sentire. Sono le parole di Roberta Scarpellini, avvocato, Fondatrice e Presidente dell’associazione Nevra. “Il dolore neuropatico post-traumatico – ha continuato – è il figlio dimenticato della medicina legale, una realtà che si scontra con la vecchia, comoda concezione che lega il risarcimento del danno alla presenza di lesioni tangibili. La logica è primitiva: se non c’è una frattura, se non c’è un tessuto strappato, se la risonanza non urla la sua evidenza, allora non può esserci danno. Una posizione anacronistica, non solo smentita dalla letteratura scientifica più avanzata, ma anche crudele e ingiusta nei confronti di chi soffre”.

L’ICD-11 ha sancito che il dolore cronico post-traumatico è una condizione patologica a sé stante, non un sintomo passeggero, non una lamentela psicogena. È una malattia con caratteristiche specifiche, un flagello che colpisce migliaia di persone, molte delle quali vittime di incidenti stradali, infortuni sul lavoro, traumi sportivi. Ma cosa fa il sistema medico-legale italiano di fronte a questa evidenza? Nulla. O meglio, continua a impantanarsi in schemi valutativi obsoleti, basati su modelli diagnostici che non contemplano il dolore neuropatico come un’entità risarcibile in sé. E così, le vittime non solo perdono la salute, ma anche il diritto alla giustizia”.

È inaccettabile, continua l’avvocato Scarpellini, che nel 2025 si debba ancora lottare per vedere riconosciuto un dolore che la scienza ha già ampiamente certificato. “È vergognoso che le istituzioni non abbiano ancora imposto criteri medico-legali aggiornati per quantificare il danno derivante dal dolore neuropatico post-traumatico. È irresponsabile che si continui a scaricare tutto sulla soggettività del paziente, come se la sua sofferenza fosse un problema di percezione e non di realtà clinica”. 

Serve una svolta. Servono linee guida che impongano strumenti diagnostici moderni per l’obiettivazione del dolore neuropatico, servono tabelle medico-legali che riconoscano la sua incidenza sulla qualità di vita, servono norme che garantiscano un risarcimento equo a chi ha visto la propria esistenza stravolta da un trauma che non si rimargina mai. E soprattutto, serve che la politica si svegli.

“Ignorare il dolore neuropatico post-traumatico non è solo un errore scientifico, è una colpa morale e giuridica. Il tempo delle scuse è finito. Ora servono azioni concrete” ha concluso Roberta Scarpellini.

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