L’infiammazione è alla base di molte problematiche comuni come le malattie autoimmuni, ma la dieta può fare la differenza. Omega3, curcumina e vitamina D sono alleati potenti per contrastare l’infiammazione cronica, ma non possono sostituire una dieta sana e bilanciata.
Come si manifesta
L’infiammazione è una risposta biologica complessa dell’organismo a stimoli dannosi, come patogeni, cellule danneggiate o sostanze irritanti. È un meccanismo di difesa naturale e fondamentale per eliminare la causa iniziale del danno cellulare, rimuovere le cellule necrotiche e avviare il processo di riparazione dei tessuti. Tuttavia, quando l’infiammazione diventa cronica, può aumentare il rischio di alcune patologie, come le malattie cardiovascolari, il diabete e, ancor di più, i disturbi autoimmuni. Questa infiammazione cronica può diventare problematica e portare a molte situazioni complesse nelle persone. Numerosi studi hanno dimostrato che quello che mangiamo può giocare un ruolo determinante nella modulazione dell’infiammazione. Vi è una grande differenza, ad esempio, a livello infiammatorio, tra una persona che si nutre con una tipica dieta occidentale, caratterizzata dal consumo frequente di cibi spazzatura come quelli dei fast food, e una persona che mangia regolarmente una dieta di tipo mediterraneo. È dunque molto importante focalizzarsi sul ruolo della dieta e, forse ancor di più, dell’integrazione per indirizzare i pazienti verso scelte alimentari più sane e guidarli con gli integratori più adatti per la loro situazione.
Malattie comuni
L’infiammazione cronica è implicata in numerose malattie comuni. Per esempio, le malattie infiammatorie intestinali (IBD), come la malattia di Crohn, sono direttamente correlate a risposte infiammatorie problematiche nel tratto gastrointestinale. Queste malattie, infatti, sono caratterizzate da un’infiammazione persistente che può danneggiare la mucosa intestinale e causare permeabilità. Questo può portare a un ulteriore aumento dell’infiammazione in una specie di “cane che si morde la coda”. Le malattie cardiovascolari sono un altro esempio importante: l’infiammazione sistemica, misurata tramite marcatori come la proteina C-reattiva (CRP) e l‘interleuchina-6 (IL-6), è spesso elevata in chi soffre di malattie cardiache. Ma l’infiammazione stessa è anche un possibile fattore di rischio per l’insorgenza delle malattie cardiache. Infine, l’infiammazione rappresenta un fattore di rischio per le malattie autoimmuni, come il lupus o la tiroidite di Hashimoto. Questo è un problema particolarmente evidente in Italia, dove, secondo i dati della Fondazione Veronesi, vi sono quasi 5+ci milioni di persone con malattie autoimmuni.
Ruolo degli integratori
Gli integratori nutrizionali possono svolgere un ruolo significativo nel controllo dell’infiammazione, soprattutto per i pazienti che faticano ad avere una dieta corretta e costante. Essi non possono sostituire la dieta, ma possono certamente migliorare la situazione nel caso in cui una persona faccia fatica ad ottenere tutti i nutrienti dalla sua dieta. I tre principali integratori sono: la curcumina, gli omega-3 e la vitamina D. Essi, infatti, sono stati ampiamente studiati per le loro proprietà anti-infiammatorie.
Possibili interazioni con i farmaci
È fondamentale, però, considerare le possibili interazioni tra questi integratori e i farmaci e sfatare il mito che naturale significhi sicuro in tutti i casi. Ad esempio, gli omega-3 possono potenziare l’effetto dei farmaci anticoagulanti, aumentando il rischio di sanguinamento, mentre alte dosi di vitamina D e K2 possono interferire con l’efficacia di alcuni farmaci. Queste sono situazioni non banali e anche potenzialmente pericolose, visto che un grande numero di persone, spinte soprattutto dai social, pensa che gli integratori siano sempre sicuri, quando ovviamente non è così. È, quindi, importante affidarsi a professionisti della salute per orientarsi nel mondo degli integratori e scegliere le soluzioni più adatte alle proprie necessità.
Omega-3
Gli acidi grassi omega-3, in particolare EPA e DHA presenti nell’olio di pesce, sono noti per i loro effetti anti-infiammatori. L’evidenza scientifica su questo argomento è vasta e ben accettata, anche se naturalmente, anche in questo caso, livelli troppo elevati di integrazione possono dare effetti indesiderati. Questi acidi grassi modulano la produzione di mediatori infiammatori e citochine, riducendo l’infiammazione cronica. Numerosi studi clinici hanno dimostrato che l’integrazione con omega-3 può abbassare i livelli di marcatori infiammatori come la CRP e l’IL-6, riducendo così il rischio di malattie croniche legate all’infiammazione. In linea generale, il quantitativo che sembra essere il più efficace nel controllo infiammatorio è di circa 1500 mg al giorno di EPA e DHA, con l’EPA generalmente presente in quantità più elevate rispetto al DHA. Tuttavia, è importante notare che l’efficacia degli omega-3 dipende dalla qualità della fonte e dalla forma di supplemento utilizzata. Questo è generalmente semplice da ottenere negli omega-3 provenienti dal pesce, ma decisamente più difficile dagli omega-3 provenienti dalle alghe. In essi, infatti, molto spesso il DHA è presente in quantità più elevate di quelle dell’EPA. Inoltre, gli omega-3 sono associati a miglioramenti della salute cardiovascolare, a una migliore funzione immunitaria e a esiti psichiatrici più positivi.
Questo è uno dei casi in cui il raggiungimento di questi valori di EPA e DHA solamente attraverso la dieta non è per nulla semplice e in cui un integratore può davvero fare la differenza.
Curcuma
La curcuma, e in particolare la curcumina, il suo principale composto attivo, è riconosciuta per le sue potenti proprietà anti-infiammatorie. Anche in questo caso, l’integrazione potrebbe essere un grande aiuto per la persona infiammata. La curcuma, infatti, come cibo non incontra il gusto di tutti ed è anche spesso collegata ad episodi di fastidi allo stomaco da parte di persone con problemi digestivi, come reflusso e gastriti. Per quanto riguarda l’infiammazione, la curcumina inibisce diversi percorsi infiammatori, tra cui la via di segnalazione NF-κB, che è cruciale nella risposta infiammatoria. Studi clinici hanno dimostrato che l’integrazione con curcumina può ridurre significativamente i marcatori di infiammazione in condizioni come l’artrite e la sindrome metabolica. Tuttavia, la bassa biodisponibilità della curcumina è un aspetto da considerare, ed è per questo che le formulazioni che ne migliorano l’assorbimento sono particolarmente utili. Un altro vantaggio importante della curcumina è che può essere utilizzata in combinazione con altri trattamenti per ottenere un effetto sinergico, rendendola ancora più efficace. Anche questo integratore è un potente alleato della salute ed è particolarmente utile considerando che spesso il sollievo dal dolore è abbastanza rapido, con molte persone che riportano un miglioramento nel corso dei primi 7-10 giorni. Velocità di efficacia piuttosto rapida nel campo dell’integrazione naturale, anche se naturalmente la curcuma non può essere considerata una panacea che funziona rapidamente per tutti.
Vitamina D
La vitamina D è sempre più riconosciuta per il suo ruolo nel modulare la risposta immunitaria e nel ridurre l’infiammazione. Essa è un nutriente che, avendo un’azione diretta sulle cellule T-regolatrici, può aiutare il sistema immunitario a gestire l’infiammazione cronica. Naturalmente, anche essa rappresenta un aiuto e non la panacea universale a tutti i mali che spesso il paziente con dolori cronici cerca. Studi recenti hanno mostrato che la carenza di vitamina D è associata a livelli elevati di citochine infiammatorie e a un rischio maggiore di malattie croniche. La vitamina D esercita i suoi effetti anti-infiammatori regolando l’espressione dei geni coinvolti nell’infiammazione e nella funzione immunitaria. L’integrazione con vitamina D ha mostrato effetti positivi nel migliorare i profili infiammatori in diverse popolazioni, inclusi pazienti con malattie cardiovascolari e disturbi autoimmuni, proprio per merito della sua relazione con le cellule T-regolatrici. Purtroppo, sebbene la vitamina D assunta tramite l’esposizione al sole sia la forma ideale e naturale per ottenere questo nutriente, non è sempre facilmente accessibile. In particolare, durante i mesi invernali o per chi vive in zone con poca luce solare, l’integrazione diventa fondamentale per mantenere livelli ottimali e per beneficiare dei suoi effetti anti-infiammatori.
Per un benessere duraturo
In sintesi, l’infiammazione gioca un ruolo fondamentale nella patogenesi di numerose malattie croniche, e la dieta rappresenta un fattore modificabile che può influenzare significativamente i processi infiammatori. È ormai indubbio che una dieta simile alla dieta mediterranea abbia effetti positivi sulla salute delle persone, specialmente quando viene comparata a una dieta infiammatoria come la dieta occidentale (Western diet). Il ruolo degli integratori in questa conversazione è altrettanto importante, poiché possono aiutare le persone la cui dieta non è impeccabile, ma anche offrire risultati più rapidi. In particolare, la velocità con cui un integratore può mostrare risultati immediati può motivare la persona a proseguire con il processo salutista, migliorando anche gli aspetti più complessi della dieta. In poche parole, gli integratori possono davvero presentarsi come un bonus che aiuta i pazienti a stare meglio in modo più rapido e con meno sforzi, anche se chiaramente non possono sostituire una dieta sana. È fondamentale infatti ricordare che, sebbene gli integratori possano essere un valido supporto, la base di un benessere duraturo rimane sempre una dieta equilibrata.
Alimenti ricchi di acidi grassi omega-3, come il pesce grasso (specialmente sardine, aringhe e sgombri), le noci e i semi di lino e di chia, hanno effetti anti-infiammatori, poiché possono ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie. Dall’altra parte, abbiamo una dieta ricca di cibi processati, come la Western Diet, che è caratterizzata da un aumento del rischio infiammatorio e, quindi, dalla possibilità di aumentare le malattie sopra citate. Al contrario, troviamo diete più sane come la dieta mediterranea. Essa, ad esempio, con il suo elevato consumo di frutta, verdura, cereali integrali e grassi sani, è stata associata a livelli più bassi di marcatori infiammatori e a un minor rischio di malattie croniche. Questa parte è sicuramente essenziale nella riduzione dell’infiammazione, perché la dieta è come le fondamenta della salute di una persona e, di conseguenza, è persino più importante degli integratori stessi.
Il test del rapporto Omega-6/Omega-3
Esiste un semplice esame del sangue che può aiutare a comprendere meglio i propri livelli infiammatori. Il rapporto tra omega-6 e omega-3 nella dieta è un fattore cruciale nell’influenzare l’infiammazione. Un rapporto elevato Omega-6 a Omega-3, di circa 12 a 1, tipico delle diete occidentali, è associato a un’infiammazione aumentata e a un rischio maggiore di malattie croniche. Al contrario, un rapporto equilibrato, minore di 3 a 1, può promuovere effetti anti-infiammatori e migliorare i risultati complessivi per la salute. Monitorare questo rapporto tramite un semplice esame può essere uno strumento semplice ma efficace per valutare l’impatto della dieta sull’infiammazione e per guidare le modifiche alla stessa. Questo esame del sangue è semplice ed è spesso disponibile anche in forma casalinga, nella quale basta pungersi la punta di un dito per recuperare il campione da mandare poi al laboratorio.
Inoltre, avere una misurazione precisa permette di monitorare in modo più oggettivo i progressi nel miglioramento del rapporto omega-6/omega-3 e, di conseguenza, nell’infiammazione complessiva.
Questo test è utile per avere un valore di riferimento da cui partire per eventuali cambi nella dieta o nell’integrazione.
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