Dopo Assofarm, l’eco del servizio di Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera è arrivato forte anche entro le mura di Federfarma. Che dopo ore di valutazioni e riflessioni ha deciso di scendere in campo per fare ulteriore chiarezza” su alcuni aspetti riguardanti le analisi con prelievo di sangue capillare che i cittadini possono effettuare in farmacia.

Marco Cossolo, presidente nazionale di Federfama, in una nota stampa ha voluto partire facendo un passo indietro e sottolineando come la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato abbiano cristallizzato il ruolo della farmacia come punto di raccordo tra ospedale e territorio e front-office del Servizio Sanitario Nazionale

Procedure e strumenti

“Le farmacie – ha spiegato – offrono nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei servizi sul territorio a tutela della salute dei cittadini. Il tutto nell’ottica di soddisfare le necessità di salute soprattutto di quei cittadini che abitano nelle aree interne del Paese (il 50% dell’intero territorio italiano), lontane dalle strutture sanitarie e ospedaliere, e che trovano nella farmacia sotto casa il primo presidio sanitario sul territorio”.

Per questo, i temi sollevati nell’articolo di Milena Gabanelli fa storcere il naso. Se non altro perché, spiega il presidente Cossolo, gli studi citati, certamente tutti di fonte autorevole, appaiono, in taluni casi, non proprio recenti e condotti su un numero esiguo di pazienti. “D’altro canto – aggiunge – le conclusioni di alcuni di essi avvalorano l’efficacia dei POCT, riconoscendo che i risultati ottenuti con tali strumenti mostrano un’accuratezza diagnostica accettabile per lo screening di individui ad alto rischio soprattutto in luoghi in cui i laboratori sono inaccessibili”.  

Federfarma non si vuole soffermare sulle “prove dirette” citate nell’articolo che “possono essere state influenzate da molte variabili esogene (conduzione del test a digiuno, simultaneità della somministrazione del test in farmacia e in laboratorio, orario di esecuzione, etc)”: vuole, semmai, ribadire che i dispositivi utilizzati in farmacia “rispondono agli standard previsti dal Regolamento (UE) 2017/746 sui dispositivi medico-diagnostici in vitro (IVDR) e che per garantire la qualità e la competenza nei test POCT, la norma internazionale ISO 22870:2016 stabilisce requisiti specifici per il Point of Care Testing”.

Le parole di Cossolo si rivolgono pi ai cittadini, primi fruitori dei testi in farmacia e dunque primi diretti interessati. “Il prelievo di sangue capillare in farmacia viene effettuato dal farmacista, un professionista costantemente formato sulla corretta esecuzione dei test, seguendo una procedura standard volta a garantire la sicurezza e l’attendibilità dell’analisi stessa, prevedendo una successione di passaggi accurata e puntuale che va dall’accoglienza del paziente fino alla consegna del risultato del test. Nell’utilizzo delle tecnologie POCT quello che garantisce l’attendibilità di un risultato – oltre all’affidabilità del dispositivo utilizzato – è la parte preanalitica relativa alla raccolta del campione: l’igiene delle mani, la temperatura delle stesse, il giusto calibro del pungidito, l’eliminazione con tampone della prima goccia di campione ematico e altri fattori qualificanti garantiscono l’affidabilità dell’esame”.

Molti degli strumenti utilizzati nelle farmacie – aggiunge – sono proprio macchine da laboratorio che processano sia campioni di sangue capillare che campioni di sangue venoso, così assorbendo ogni censura in ordine alla bontà dello strumento utilizzato, tanto che innumerevoli sono i casi in cui – a parità di condizioni di esecuzione – le macchine utilizzate in farmacia forniscono risultati identici a quelle di laboratorio.

I controlli di qualità

Sulla qualità e la presunta assenza di obblighi per le farmacie in merito ai controlli di qualità Cossolo va invece un po’ più duro: Non corrisponde al vero. Il farmacista risponde della corretta installazione e manutenzione dei dispositivi utilizzati, secondo le indicazioni fornite dal fabbricante, così come risponde dell’inesattezza dei risultati analitici, qualora questa sia dovuta a carenze nella installazione e manutenzione delle attrezzature utilizzate. Ma c’è di più: lo scorso dicembre è stato firmato il nuovo Accordo Collettivo Nazionale (ACN), l’unico strumento giuridico che regola i rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e le farmacie pubbliche e private che operano come soggetti convenzionati, e non come soggetti accreditati quali sono i laboratori“.

L’ACN – la cui entrata in vigore è imminente – disciplina, tra l’altro, in apposite e analitiche Linee Guida, l’erogazione dei servizi da parte delle farmacie territoriali, ponendo tutta una serie di obblighi stringenti a carico delle farmacie stesse: dalla resa di un’informazione orientata a vantaggio del paziente alla tutela della privacy; dai presidi sanitari da indossare per condurre i test alla sanificazione dei locali; dalla logistica degli spazi di somministrazione alla registrazione dei test; dalla consegna della refertazione firmata dal farmacista all’alimentazione delle piattaforme dei dati sanitari.

“Soprattutto, l’accordo cristallizzando le pratiche già in uso nelle farmacie, dispone che le farmacie assicurano l’utilizzo di test conformi alla normativa di riferimento ovvero aventi le caratteristiche minime di sensibilità e specificità definite dal Ministero della Salute e/o dalle altre Autorità competenti, ivi compresi i test ad uso professionale classificati come near patient testing (NPT) e point of care testing (POCT).

L’esecuzione dei servizi a carico del SSN

È sempre l’Accordo Collettivo Nazionale sopra citato che fa chiarezza anche sul regime di erogazione dei servizi a carico del Servizio Sanitario: ed infatti è previsto che gli Accordi Integrativi Regionali definiscano la remunerazione dei servizi assicurati dalle farmacie a carico del SSR, tenendo conto dei costi sostenuti; della specificità delle farmacie rurali (proprio per assicurare un’assistenza sanitaria di prossimità anche nei centri con popolazione non superiore a 5.000 abitanti). Non si comprende, quindi, sulla base di quali presupposti la farmacia non possa eseguire prestazioni a vantaggio del cittadino con oneri a carico del Servizio Sanitario Regionale alleggerendo il carico sulle altre strutture sanitarie già in difficoltà.

Conclusioni?

Cossolo dice di voler glissare sul fatto che Federfarma sarebbe ben rappresentata in Parlamento (“gli avvocati sono rappresentati, tra Camera e Senato, da 115 membri, i giornalisti da 40, i commercialisti da 21, i medici da 17, gli architetti da 12 e, infine, i farmacisti da 5 onorevoli colleghi”) concentrandosi invece sull’analisi critica che emerge dall’articolo che, a detta del presidente, “non sembra tener conto dei molti fattori citati in precedenza che avrebbero senz’altro meritato un maggiore approfondimento.

Quanto all’auspicio di un intervento del Ministro della salute per strutturare sistemi che garantiscano al cittadino qualità e sicurezza degli esami, Cossolo ha ricordato che ogni presidio di garanzia e di tutela per il cittadino è analiticamente assicurato dal nuovo Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti tra SSN e farmacie, il cui varo si deve, tra l’altro, proprio all’impegno profuso dal Ministro Schillaci.

“Ecco perché Federfarma rappresenta nuovamente la propria disponibilità a fornire ulteriori informazioni nell’ambito di un possibile confronto sul tema, nella certezza che tutti gli operatori del settore, i rappresentanti della società civile – con l’ausilio fondamentale degli organi di informazione – possano collaborare per il raggiungimento del medesimo obiettivo: migliorare l’assistenza sanitaria sul territorio e abbattere le disuguaglianze di accesso per la tutela della salute della collettività” ha concluso il presidente.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here