Non c’è longevità senza prevenzione, che ha i suoi capisaldi in stili di vita corretti: dieta sana, movimento, igiene del sonno in primo luogo. L’educazione alla prevenzione deve iniziare dalle scuole.
La longevità non può prescindere dalla tutela ambientale, nel rispetto del modello One Health. L’obiettivo di una longevità sana, come vuole il concetto di health span deve diventare un impegno “istituzionale” e globale condiviso. È fondamentale una corretta informazione, basata sull’evidenza scientifica, autorevole, ma semplice e capillarizzata all’intera popolazione.
In ambito di longevità è necessario passare da una medicina terapeutica a una medicina di prevenzione. Inoltre, non deve mancare un’attenzione differenziata per genere.
Il concetto di longevità deve affrontare un radicale cambio di paradigma: l’invecchiamento non riguarda la terza e la quarta età, come oggi prevalentemente inteso.
Questi, sono alcuni dei messaggi, fil rouge della settimana di lavori del Milan Longevity Summit (21-29 marzo) che ha chiuso i lavori nei giorni scorsi, riscuotendo anche per la seconda edizione un grande successo di pubblico.
Alimentazione
La longevità si nutre anche di buon cibo, sano, variato, di qualità e personalizzato. Il buon cibo mantiene in salute, quindi in uno stato di eubiosi, il microbiota, favorendone la diversità microbica, cui si lega il benessere dell’intero organismo, fisico, neurologico, energetico. È noto, infatti, il ruolo cruciale che esso svolge nella prevenzione di diversi stati patologici, quali malattie croniche, oncologiche, in primo luogo i tumori gastrointestinali, e neurodegenerative, ad esempio il Parkinson.
Un’alimentazione povera di fibre, monotona e monocroma, tipica dell’anziano, genere disbiosi, altera cioè l’omeostasi del microbiota, favorendo l’infiammazione, o meglio l’inflammaging, alla base di molte malattie dell’invecchiamento.
È scientificamente dimostrato che una dieta sana riporta nell’arco di 2 settimana, laddove alterato, il microbiota in stato di eubiosi. Una longevità in salute è, dunque, potenziata anche dalle scelte alimentari che vanno modulate e personalizzate non solo sul fenotipo, cioè sulle preferenze dietetiche, questioni culturali, attività fisica ed altre abitudini e stili di vita, ma anche sulle caratteristiche legate al sesso.
È noto infatti che i fabbisogni energetici e nutrizionali cominciano a cambiare fra maschi e femmine a partire dall’adolescenza e perdurano fino all’invecchiamento condizionati da assetti ormonali, con sensibili variazioni nella donna in età fertile, menarca e cicli mestruali, gravidanza, climaterio e menopausa, composizione corporea, BMI, differente metabolismo per citare i principali. Evidenze identificate oggi grazie alle scienze omiche, tra cui la metabolomica.
Così come la dieta va personalizzata secondo lo stesso genere: la donna infatti ha minore accesso al cibo, non solo per indisponibilità economica, soprattutto in età avanzata, ma anche per pressioni psicologiche e sociali che impongono canoni di magrezza dall’età adolescenziale, o per i sensibili aumenti di peso, comunque in incremento del giro vita, in peri e menopausa, a causa di alterazioni sempre ormonali, associati a loro volta a problematiche di salute (sovrappeso, obesità e disfunzioni metaboliche).
Pertanto, la dieta dovrà tenere conto di tutti questi aspetti, oltre a quelli fisiologici, i differenti fabbisogni di ferro, ad esempio, di folati, di vitamina B12, protettiva anche contri i difetti del tubo neuronale, di calcio per prevenire il rischio di osteoporosi e così via.
Un “codice” alimentare che favorisce la longevità è, inoltre, un modello di dieta messo a punto da Valter Longo, Edna Jones Professor in gerontologia e professore in Biological Sciences, direttore dell’USC Longevity Institute (Stati Uniti), caratterizzato da un apporto di circa 45-60% di carboidrati, in particolare complessi, da 25% di grassi sani insaturi, dal 10-15% di proteine animali e vegetali derivate da legumi, prevedendo in soggetti sani un digiuno controllato notturno di 12 ore, quindi con un stop di introito di cibo dal pasto serale alla colazione del mattino.
Non ultimo, dati di efficacia sono associati anche a una dieta mima-digiuno, sempre secondo un modello studiato da Longo, in grado di generare gli stessi benefici effetti di una restrizione calorica, che risponde a un rigido protocollo, da eseguire per 5 giorni, sotto stretto controllo medico, strutturato su un introito calorico di 1.100 kcal al primo giorno e di 750 kcal nei restanti 4. La dieta mima-digiuno avrebbe attestato evidenze di efficacia nella gestione di alcuni tipi di tumori e studi di laboratorio, su topi, in condizioni di normalità, dimostrerebbero un guadagno di circa 2,5 anni in termini di età biologica.
Attività fisica
Lo sport e il movimento sono un toccasana per la health e life span. L’indicazione è di cominciare la pratica fisica fin dalla più giovane età, benchè:
- L’attività fisica anche se intrapresa per la prima volta in età avanzata apporta evidenti benefici: è una pietra miliare sulla qualità e quantità di vita. Eppure recenti statistiche attestano che in Italia il 41% degli over 60 è sedentario e la sedentarietà si associa, come noto, a un aumentato il rischio di diabete, patologie cardiovascolari, disfunzioni metaboliche, osteoporosi, tumori: tutte malattie legate e acceleratrici dell’invecchiamento.
- È possibile vivere più a lungo e meglio? Sì, ma occorre partire a incrementare il “tesoretto” verso la longevità facendo movimento fin da subito. Negli anni infatti diminuisce la massa muscolare, un fattore predittivo di molte patologie. Pertanto non appena si entra in quell’età in cui è più difficile muoversi è necessario lavorare sul potenziamento e mantenimento della massa muscolare.
- Quanto il nostro corpo è atletico? Uno strumento per quantificarlo e qualificarlo è rappresentato dallo Squat test, ovvero dal numero di piegamenti che si è in grado di compiere sulle gambe, essenziali per potersi muovere e che determineranno anche il livello di preparazione e il tipo di allenamento e potenziamento da attuare, in primis sulla muscolatura. Inoltre, nuove tecnologie permettono oggi di misurare anche la Wellness Age, strumenti che dalle palestre si stanno diffondendo anche in centri benessere, SPA e farmacie.
- Quali aspetti può migliorare l’attività fisica? Il cuore, il cardio fitness, la respirazione, che apporta benefici sulla qualità della vita e dell’età, l’apparato muscolare, in generale il benessere dell’intero organismo. Compreso lo stato umorale e psichico.
- I miti da sfatare. L’attività con i pesi non può essere fatta in età adulta; al contrario è la prima da attuare: migliorare la forza e i carichi favoriranno un invecchiamento sano e in salute. L’inattività è il reale rischio, non l’esercizio intenso. La vera ginnastica dolce non è rappresentata dall’esercizio leggero, ma da una pratica costante: muoversi con regolarità è il migliore scudo contro l’invecchiamento e i benefici cominciano a qualsiasi età.
- I paradigmi di una corretta attività fisica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e tutte le linee guida raccomandano di potenziare la forza, lavorando con i pesi 2-3 volte a settimana, con esercizi studiati sulle capacità individuali e il livello di forma. Anche 10 squat tutti i giorni potrebbero essere una base da cui partire, aumentandone gradualmente il numero nel tempo. Inoltre, sono raccomandati: esercizio aerobico, 150 minuti a settimana a bassa intensità o 75 minuti ad alta intensità; esercizi di equilibrio e mobilità, da svolgere tutti i giorni, utili a migliorare la stabilità, quindi su un piede solo, su tappetini instabili, e esercizi mirati all’apparato vestibolare, per potenziare vista e acustica.
Le sfide cliniche della longevità
Oltre alla lotta ai tumori, di cui è scientificamente dimostrato che il 40% possono essere prevenuti da stili di vita sani, un’ulteriore sfida, è rappresentata dal contrasto al fenomeno dell’antibiotico resistenza, “minaccia” alimentata non solo da un uso inappropriato e inadeguato degli antibiotici, ma anche da azioni quotidiane.
Ciò che mangiamo, beviamo o tocchiamo, può favorire un aumento della resilienza dei batteri. Si stima che entro il 2050 l’antibiotico resistenza causerà nel mondo 40 milioni di morti l’anno, 6 volte superiori a quelle per cause oncologiche. Va aumentata la consapevolezza, collettiva, che l’antibiotico resistenza non è un problema circoscritto all’ambiente ma riguarda l’individuo in prima persona; vanno intraprese azioni sinergiche che coinvolgano la clinica, il mondo dell’alimentazione, agricolo e della veterinaria, la collettività, i decisori politici e i governi, a fronte di una ricerca in stallo.
Le pipeline nell’arco del prossimo decennio non prevedono la produzione di alcun antibiotico attivo contro i batteri più resistenti, con un peso globale importante sul Sistema Sanitario Nazionale, con costi pari a 100 miliardi di euro solo in Italia. La corretta informazione sul tema e sulla prevenzione in generale è un’arma efficace in grado di favorire un percorso verso la longevità in salute.