Con una decisione senza precedenti, il 13 novembre 2024 il Tribunale dell’UE ha annullato parti significative del Regolamento (CE) n. 468/2021 che, modificando l’allegato III del Regolamento (CE) n. 1925/2006, aveva incluso le preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti idrossiantraceni (HAD) tra le sostanze vietate negli alimenti e nelle preparazioni alimentari.
Secondo il Tribunale, la Commissione ha ecceduto i propri poteri in materia soprattutto perché, con riferimento al parere scientifico adottato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), non è riuscita a dimostrare che le sostanze vietate sarebbero state ingerite in quantità significativamente superiori a quelle consumate in una dieta normale rappresentando dunque un rischio potenziale per i consumatori, come richiesto dalla norma stessa.
La sentenza ha sostanzialmente accolto il ricorso presentato da alcune aziende del settore (con quattro procedimenti), condannando inoltre la Commissione al pagamento delle spese processuali.
Il contesto normativo
Il Regolamento (CE) 1925/2006 disciplina le norme per l’aggiunta di vitamine e minerali e di determinate altre sostanze agli alimenti. L’articolo 8 consente alla Commissione, di propria iniziativa o sulla base di informazioni fornite dagli Stati membri, di vietare, limitare o controllare “sostanze e ingredienti contenenti una sostanza” aggiunti agli alimenti oppure utilizzati nella loro produzione in condizioni che potrebbero “rappresentare un rischio potenziale per i consumatori”.
In questo contesto, nel 2016 la Commissione ha richiesto all’EFSA di fornire un parere scientifico sulla sicurezza degli HAD e dei preparati che contengono queste sostanze e nel novembre dell’anno successivo l’ente ha adottato il parere scientifico “Sicurezza dei derivati degli idrossiantraceni per l’uso negli alimenti”. Nel documento si sosteneva che “[…] gli idrossiantraceni emodina, aloe-emodina (sostanze naturali) e la sostanza sintetica dantrone hanno dimostrato genotossicità in vitro” e che, con i dati disponibili, non era possibile stabilirne un livello di assunzione sicuro all’interno dei prodotti alimentari. In pratica il panel di esperti dell’EFSA non era in grado di fornire consigli su un’assunzione giornaliera di idrossiantraceni che non suscitasse “preoccupazioni circa gli effetti nocivi sulla salute per la popolazione generale e, nel caso, per sottogruppi vulnerabili della popolazione”.
Queste valutazioni dell’EFSA vennero sostanziate nel Regolamento citato che, come già detto, normava e restringeva l’uso degli idrossiantraceni di Aloe spp. (emodina, aloe-emodina e dantrone) negli integratori alimentari. Parallelamente le preparazioni a base di rabarbaro, senna, frangula e cascara venivano inserite nella parte C del medesimo allegato III e poste sotto sorveglianza per 4 anni, con previsione di riesame entro il 2025.
Benché ampiamente annunciata, la decisione del 2021 era stata giudicata sproporzionata, destando perplessità su aspetti sia di tipo procedurale – relativi all’applicazione di una misura che lasciava diversi margini di incertezza – sia di tipo scientifico. Secondo la maggioranza degli esperti, infatti, quel passaggio restrittivo non risultava supportato da solidi dati epidemiologici e tossicologici, essendo stato per lo più deciso in base a studi in vitro condotti su principi attivi isolati senza considerare, ad esempio, la complessità del fitocomplesso vegetale. Da qui la presentazione di ricorsi al provvedimento con il supporto di dettagliati dossier tecnico-scientifici.
La sentenza
L’effetto combinato delle quattro sentenze ha determinato l’annullamento del regolamento per tutte le sostanze vietate o sottoposte a esame. Le sentenze hanno altresì chiarito alcuni principi fondamentali, sia nel metodo sia nel contenuto: ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del citato Regolamento europeo n. 1925/2006, l’inclusione di una sostanza o di un ingrediente nell’allegato III, parte A (che ne prevede il divieto), deve essere giustificata solamente in presenza di prove concrete dell’effetto nocivo sulla salute.
La distinzione tra “sostanza”, “ingrediente” e “preparato” si rivela fondamentale in questo contesto. La definizione di “preparato” presente nel Regolamento del 2021 è stata ritenuta dalla Corte troppo ampia per poter essere considerata sinonimo di “sostanza” o “ingrediente” e, pertanto, non sufficiente a giustificare un divieto generalizzato. I giudici europei hanno inoltre evidenziato che l’assenza di dati scientifici ‘sufficienti’ e la mancata individuazione di un livello di sicurezza per il consumo delle sostanze in oggetto non possono giustificare un divieto assoluto, criticando di fatto l’approccio adottato dalla Commissione Europea e dall’EFSA.
La Corte ha anche sottolineato che non sono stati rispettati i criteri normativi e scientifici che hanno portato all’adozione delle restrizioni previste dal Regolamento 2021/468. In sostanza, come sottolineava anche la FEI (Federazione Erboristi Italiani) in un comunicato, secondo la sentenza “per vietare l’aggiunta agli alimenti di un ingrediente o di una sostanza, è necessario che la quantità ingerita sia significativamente superiore a quella normalmente assunta in una dieta equilibrata e varia e deve essere stato accertato un effettivo effetto nocivo sulla salute”, ma nessuna di queste condizioni è stata rispettata.
Ricadute e prospettive
La pronuncia della Corte ha subito annullato la riunione del Comitato permanente del 18 novembre, che avrebbe dovuto votare il divieto per le altre droghe antrachinoniche (senna, frangula, rabarbaro e cascara). Avendo le sentenze della Corte europea effetto immediato, con la revoca del Regolamento 468/21 decadevano tutte le restrizioni ad esso collegate, ad eccezione di quelle sul dantrone.
La sentenza offriva inoltre chiarimenti significativi sulla portata dei poteri della Commissione nell’ambito della procedura dell’articolo 8, che potrebbero influire sulla valutazione della sicurezza di altri botanicalsda parte dell’EFSA e della Commissione in futuro. Non dimentichiamo, infatti, che un gruppo di lavoro dei 26 Stati membri ha pubblicato di recente un rapporto che suggerisce la necessità di vietare o di limitare l’uso di ben 12 ingredienti vegetali considerati “critici”, tra cui ashwagandha (Withania somnifera), cimicifuga, curcumina, maca (Lepidium peruvianum), melaleuca, Tribulus terrestris e sostanze come la melatonina e il triptofano.
Tuttavia, Commissione Europea aveva due mesi di tempo per impugnare la sentenza ed è proprio quello che è accaduto. L’istituzione comunitaria ha infatti presentato un ricorso contro tutte le sentenze della Corte di giustizia UE riguardanti Aloe spp. e derivati idrossiantracenici che, di conseguenza, hanno perso il loro effetto. Il regolamento (UE) 2012/468 risulta quindi in vigore.
Commentando questo sviluppo la Società italiana di scienze applicate alle piante officinali e ai prodotti per la salute raccomanda – almeno fino a quando la Corte non avrà esaminato i ricorsi – di non utilizzare né mettere in commercio prodotti contenenti “Aloe-emodina, Emodina e tutte le preparazioni in cui è presente tale sostanza” così come “Preparazioni a base di foglie di specie Aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene”.
Dalla letteratura scientifica
Molti esperti concordano sul fatto che il fitocomplesso rappresenti l’elemento chiave per affrontare la sicurezza delle piante medicinali in maniera razionale e radicata nella real life, svincolandola da un livello astratto e puramente teorico.
A questo proposito la letteratura scientifica ha prodotto diversi risultati che evidenziano come esista una chiara differenza tra la valutazione della sicurezza di singole molecole studiate in vitro e quella di estratti e preparazioni vegetali indagati come fitocomplesso in vivo. Studi pubblicati su riviste internazionali e dati recenti – ottenuti da laboratori diversi con metodologie diversificate – hanno dato un’interpretazione diversa anche della sicurezza dei botanicals contenenti idrossiantraceni e sono stati inclusi nei dossier presentati alla Corte europea di Giustizia.
Ad esempio, lo studio in vivo di Galli e colleghi (2021) ad esempio ha dimostrato che l’aloe-emodina non esplica attività genotossica mentre un’altra sperimentazione in vivo di Sougiannis et al. (2021) ha riportato che l’emodina somministrata per via orale per 12 settimane non causa turbe fisiopatologiche sui principali organi. Infine la Società Italiana di Fitoterapia (S.I.Fit.) ha testato un succo essiccato di aloe ed estratti secchi titolati di senna, cascara, frangula e rabarbaro valutandone la citotossicità su cellule intestinali Caco 2 e ha rilevato che, fino a concentrazioni molto elevate, nessun campione alterava la vitalità cellulare né induceva il rilascio di ROS (Oxigen Reactive Species) o di citochine infiammatorie.
Bibliografia
- Galli CL, Cinelli S, Ciliutti P, Melzi G, Marinovich M. Aloe-emodin, a hydroxyanthracene derivative, is not genotoxic in an in vivo comet test. Regul Toxicol Pharmacol. 2021 Aug;124:104967.
- Sougiannis AT, Enos RT, VanderVeen BN, et al. Safety of natural anthraquinone emodin: an assessment in mice. BMC Pharmacol Toxicol. 2021 Jan 28;22(1):9.
- Galli CL, Cinelli S, Ciliutti P, Melzi G, Marinovich M. Lack of in vivo genotoxic effect of dried whole Aloe ferox juice. Toxicol Rep. 2021 Aug 3;8:1471-1474.
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R0468
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:62021TJ0302