Identificata dal ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso e dal senatore e imprenditore del settore Renato Ancorotti come «un fiore all’occhiello» dell’economia e della manifattura nazionali e foriera di «beni indispensabili» la cosmetica tricolore continua a crescere. Lo ha sancito (anche) il Rapporto Annuale (il 56esimo per 56 anni di storia dell’associazione) di Cosmetica Italia presentato nei giorni scorsi a Milano.
Nel 2023 il suo fatturato totale ha superato i 15,1 miliardi di euro, in crescita del 13,8% rispetto al 2022. Positive anche le stime per il 2024 che lo vedono crescere ulteriormente del 10% nel confronto col 2023. Le esportazioni rappresentano oltre il 46% del volume d’affari e in particolare, nel 2023 hanno superato i 7 miliardi di euro, oltre 20 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente; per il 2024 le stime segnalano ancora un andamento positivo (+12%).
Questi risultati consentono di inquadrare livelli record per la bilancia commerciale (rapporto export-import) che nel 2023 ha superato i 4 miliardi con un incremento di oltre 870 milioni rispetto al 2022.
Croci verdi sugli scudi
L’indispensabilità del cosmetico come bene essenziale è stata ribadita dall’andamento positivo dei consumi nel mercato italiano che nel 2023 hanno superato quota 12,5 miliardi con un trend positivo del 9,4% sul 2022. Considerando la ripartizione dei consumi nei canali distributivi, è stato possibile leggere un’evoluzione delle abitudini di acquisto dei consumatori nel periodo preso in considerazione.
Dei canali citati la farmacia è risultata terza per importanza, con il suo 16,7% di share e valori attorno a 2,1 miliardi di euro. La grande distribuzione si è confermata come il canale con la quota più consistente dei consumi interni (circa 42%) con un valore da più di 5,2 miliardi di euro, mentre la profumeria ha consolidato la seconda posizione (20,2%) per un valore dei consumi di oltre 2,5 miliardi di euro.
L’e-commerce, in accelerazione sin dai primi lockdown, ha più che raddoppiato dal 2019, arrivando a coprire nel 2023 l’8,9% dei consumi degli italiani per 1,1 miliardi di euro. Seguono l’acconciatura (4,7% per 589 milioni) e l’erboristeria (3,4%) per 423 milioni. Le vendite dirette hanno inciso sui consumi per il 2,8% e sono valse 352 milioni; l’estetica per l’1,6% con 207 milioni di euro.
Meno trucchi, più skincare
Le vendite di cosmetici in farmacia sono aumentate del 7,5% nel corso dell’anno e a cambiare, rispetto invece al 2019, è stato il grado di specializzazione che a fine 2023 ha registrato un rafforzamento dei prodotti per la cura del viso e del corpo, a discapito dei prodotti per trucco. Anche le soluzioni per l’igiene hanno perso una parte della loro quota del mercato pur archiviando acquisti per più di 530 milioni di euro trainati principalmente dai prodotti per l’igiene del corpo (+4% tra il 2022 e il 2023). Le proiezioni al 2024 suggeriscono un’ulteriore crescita del canale del 7,2%, per un valore di 2,25 miliardi.
L’incidenza delle croci verdi sulle complessive vendite è calata: era pari al 18,5% a fine 2020. Ma a cavallo della crisi pandemica, le farmacie hanno rappresentato uno dei canali agevolati per l’accesso ai beni di primaria importanza e, nelle strategie di cross selling, cosmetici, gel igienizzanti e dermocosmesi hanno supportato la vendita di farmaci e i servizi legati ai tamponi.
Il segreto è la multicanalità
Secondo il Centro Studi di Cosmetica Italia, diretto da Gian Andrea Positano, la multicanalità della farmacia ha a sua volta favorito le dinamiche di crescita: è emersa una concentrazione maggiore delle vendite attraverso piattaforme online passate dal 3,4% del 2019 al 9,9% in soli quattro anni, a scapito della market share inter-canale delle farmacie tradizionali, scesa dal 77,3% al 70,7%.
Se è stato possibile evidenziare in generale un ritorno delle quote di mercato dedicate ai prodotti per il trucco e alle fragranze, in farmacia la domanda ha privilegiato i prodotti per la cura del viso e del corpo. Inoltre, nelle parafarmacie le vendite di prodotti per il viso e il corpo hanno rappresentato oltre il 58% del venduto, mentre nei corner della Gdo la composizione è apparsa meno concentrata (49%).
L’anti-age cambia pelle
Per quanto al contrario riguarda hair care e igiene orale gli spazi della grande distribuzione organizzata hanno potuto vantare una concentrazione maggiore rispetto a quella delle parafarmacie. Importante, per il Centro Studi, è il consolidamento del legame tra imprese e farmacisti che investono sinergicamente sull’identità della farmacia, sul posizionamento e sui clienti. Contrastano così la leva inflattiva che, mediamente, si è attestata su livelli inferiori al 4%.
Le recenti rilevazioni del Centro Studi hanno, infine, permesso di osservare significative evoluzioni comunicazionali in ambito dermocosmetico di categorie che, fino a pochi anni fa, erano relegate a specifici segmenti di consumo: prima su tutte l’anti-age che ha abbracciato i temi dell’inclusività spostando la narrazione dal contrasto dei segni del tempo alla valorizzazione del sé attraverso un immagine sana e naturale.
Dinamici e in piena salute
Indipendentemente dai canali e dal relativo paniere d’offerta o dalle strategie di marketing sono le parole del riconfermato presidente di Cosmetica Italia, Benedetto Lavino, a descrivere nel migliore dei modi le potenzialità del made in Italy della bellezza e della cura personale.
«L’ultima edizione del Rapporto Annuale» ha detto «mostra, ancora una volta, la forte capacità reattiva del comparto nell’attraversamento delle congiunture negative e nell’approccio alle nuove abitudini di acquisto sia sul fronte domestico sia su quello mondiale. Resta immutata anche la natura anelastica dell’industria cosmetica nazionale, nonostante una situazione di scenario particolarmente critica, che vede la prosecuzione del conflitto russo-ucraino, inserito nel contesto di una crisi energetica con forti condizionamenti sui costi e gli approvvigionamenti delle materie prime, e le ripercussioni della crisi tra Israele e Palestina. Forti della crescita dei fatturati sui mercati internazionali e del segno più del mercato interno continuiamo a essere esempio di un’industria sana, dinamica, che fa bene al Paese».