L’apertura del settore farmacia alle società di capitali ha una ricaduta positiva: la possibilità di superare una crisi d’impresa mediante il ricorso al capitale privato stesso
La legge sulla concorrenza ha introdotto la possibilità che anche le società di capitali siano titolari di farmacie. La novità è stata oggetto di aspre critiche, poiché intesa quale portatrice del rischio di invasione del mercato da parte di capitali forti, ma vi sono alcuni aspetti positivi, degni di essere portati all’attenzione dei farmacisti perché costituiscono delle opportunità per la salvaguardia del loro patrimonio personale e del valore dell’azienda. Una di queste ricadute positive è data dalla possibilità di superare una crisi d’impresa mediante il ricorso ai capitali privati.
Le nuove norme sul fallimento
La riforma della legge fallimentare (Legge n.155/2017) prevede l’introduzione di una fase preventiva di allerta, volta ad anticipare l’emersione della crisi. Si tratta di uno strumento stragiudiziale e confidenziale di sostegno alle imprese, diretto a una rapida analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell’impresa e a indirizzare il debitore verso gli organismi di composizione assistita della crisi. Sugli organi di controllo societari e sugli organi di revisione incomberà l’obbligo di avvisare immediatamente gli amministratori dell’esistenza di indizi fondati di uno stato di crisi e se a detti avvisi non seguirà una risposta adeguata, gli stessi organi dovranno rivolgersi direttamente agli organismi di composizione della crisi. Per rafforzare l’efficacia di detti strumenti, il disegno di legge prevede inoltre che siano estesi i casi nei quali è obbligatoria la nomina di un organo di controllo o di un revisore, prevedendo la nomina obbligatoria quando la società, per due esercizi consecutivi, presenta attivi o ricavi delle vendite superiori a due milioni di euro o un numero di dipendenti pari o superiore a 10.
Il limite di fatturato sopra indicato è facilmente raggiungibile da farmacie di medie dimensioni, pertanto è molto probabile che in seguito all’entrata in vigore della riforma fallimentare numerose farmacie, organizzate sotto forma di società di capitali, saranno tenute a nominare un organo di controllo che sorveglierà sullo stato di salute economico-finanziaria della società. È fondamentale, quindi, che nell’ipotesi in cui il farmacista titolare o socio illimitatamente responsabile consideri di optare per la trasformazione in società di capitali, egli analizzi la situazione debitoria che sarà trasferita sulla nuova realtà giuridica.
È necessario che il farmacista prenda anzitutto coscienza delle difficoltà che interessano la farmacia e, coadiuvato dai propri consulenti di fiducia (commercialista, avvocato) comprenda se si è di fronte a una temporanea difficoltà superabile con interventi di carattere manageriale (ad esempio, con una diversa organizzazione e gestione del magazzino o mediante l’adozione di strategie di vendita più efficaci) o se la farmacia versi in stato di crisi, se non addirittura di insolvenza, tale da rendere necessario l’accesso a una procedura concorsuale.
L’intervento del capitale per la farmacia in stato di crisi
Nell’ipotesi di insolvenza della farmacia, l’intervento di nuovi capitali agevola il risanamento d’impresa e consente al farmacista di difendersi dall’attacco dei capitali forti, già operanti nel settore, coinvolgendo soggetti fidati e vicini che credano nella sua capacità imprenditoriale e nella validità del progetto.
Il farmacista può infatti decidere di affiancare alla trasformazione in società di capitali un intervento di ricapitalizzazione della società da parte di soggetti a lui vicini, che entreranno in società quali nuovi soci, con conseguente apporto di capitale sociale, oppure può optare per la costituzione di una new-co in cui egli conferirà l’azienda farmacia, mentre i nuovi soci apporteranno capitali di rischio.
L’operazione di ricapitalizzazione può essere inserita in un piano concordatario in continuità aziendale che consente di risanare le esposizioni debitorie pregresse proseguendo l’attività di impresa, oppure nell’ambito di procedure più ‘snelle’ quali l’accordo di ristrutturazione dei debiti (che richiede un intervento marginale del Tribunale) e il piano attestato di risanamento (che non prevede alcun intervento giudiziario).
Si consideri inoltre che la riforma della legge fallimentare prevede misure premiali per l’imprenditore che tempestivamente si rivolge all’organismo di composizione della crisi, in attuazione delle procedure di allerta, o che fa ricorso agli altri istituti per la risoluzione concordata della crisi; in particolare il legislatore ha previsto ipotesi di non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per i debiti fiscali.