Il futuro che solo una decina d’anni fa sembra possibile solo nei film si sta avvicinando a passo sempre più spedito, grazie ai rapidissimi progressi delle applicazioni dell’intelligenza artificiale in campo sanitario: gli algoritmi di machine learning e deep learning sono ormai in grado di ‘imparare’ leggendo l’immensa mole di dati diagnostici (come ad esempio le radiografie e le Tac conservate negli archivi clinici) per poi applicare tale conoscenza a nuove diagnosi. Ma non solo: nell’era della medicina personalizzata, gli algoritmi dell’intelligenza artificiale potrebbero aiutare i medici a individuare il farmaco più adatto al singolo paziente, sulla base delle sue caratteristiche.
Prevedere la risposta agli antidepressivi
È il caso, ad esempio, di uno studio condotto al McLean Hospital (parte della Harvard Medical School) e pubblicato su Psychological Medicine, che ha utilizzato i big data e le tecnologie di data analytics per prevedere la risposta dei pazienti ai farmaci antidepressivi prima ancora d’iniziare il trattamento.
I ricercatori americani hanno utilizzato come base i dati dello studio clinico multi-sito Embarc sull’efficacia di alcuni farmaci antidepressivi, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche cliniche e demografiche dei partecipanti acquisite prima dell’avvio dello studio stesso. Gli esiti del trattamento dei due gruppi di pazienti randomizzati rispetto all’assunzione del farmaco antidepressivo o del placebo sono stati quindi comparati con la previsione di efficacia del farmaco stesso effettuata dall’algoritmo sviluppato sulla base dei dati iniziali. In un terzo circa dei casi, riportano gli autori, si è potuta riscontrare nei fatti che i pazienti previsti essere dall’algoritmo più responsivi al trattamento farmacologico hanno effettivamente mostrato una maggiore risposta terapeutica qualora assegnati al gruppo di trattamento col farmaco.
I pazienti che hanno mostrato un buon parallelismo tra la previsione dell’algoritmo e il dato effettivo di efficacia clinica erano caratterizzati, secondo quanto riportato dallo studio, da una maggiore gravità della malattia e da un’emozionalità negativa, avevano un’età più avanzata, erano per lo più occupati e mostravano un migliore controllo cognitivo sull’esecuzione di operazioni al computer.
I prossimi passi e il possibile impatto sul mercato
“Questi risultati ci portano più vicini all’identificazione dei pazienti che con maggiore probabilità possono beneficiare di un trattamento con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri)e potremmo realizzare l’obiettivo di personalizzare la scelta del trattamento antidepressivo”, ha commentato il coordinatore dello studio, Madhukar Trivedi. Dopo questi primi dati pilota, l’obiettivo è ora di estendere la sperimentazione in condizioni cliniche “real world”: secondo quanto reso noto dal gruppo di ricerca, l’intenzione è di valutare l’algoritmo in uno studio che compari due o più trattamenti farmacologici, ovvero l’uso di antidepressivi rispetto alla psicoterapia.
Secondo un recente report di GlobalData, circa un terzo dei pazienti non risponderebbero adeguatamente alla prima terapia farmacologica che gli viene prescritta per la depressione. È facile, quindi, capire l’impatto che il nuovo approccio alla prescrizione del farmaci potrebbe avere a livello di ottimizzazione della cura, sia sul piano dell’efficacia che su quello dell’ottimizzazione dei costi l’intervento per i sistemi sanitari.
Il segmento di mercato degli antidepressivi conta attualmente una trentina di prodotti, riporta GlobalData, la maggior parte dei quali sono farmaci generici. All’uscita dalla protezione brevettuale di prodotti come la duloxetina cloridrato e l’aripiprazolo, a cui ha fatto da contraltare il lancio di nuovi prodotti come la vortioxetina e il brexpiprazolo, che insieme ad alcuni altri prodotti in fase avanzata di sviluppo (tutti rivolti al trattamento dei pazienti resistenti alla terapia) dovrebbero rappresentare i principali fattori di crescita del comparto nei prossimi anni.
“Gli studi di questo tipo sono solo all’inizio, e man mano che la tecnologia migliora la speranza è che i medici diventeranno in grado non solo di dire se un paziente è adatto o meno al trattamento farmacologico, ma anche qual è il farmaco specifico che potrebbe dare la maggiore risposta terapeutica”, ha commentato il Neurology Analyst di GlobalData, Rahael Maladwala, a proposito dello studio del McLean Hospital. La previsione degli analisti è che questo tipo di approccio possa estendersi sempre più anche in altre aree terapeutiche nella prossima ventina d’anni, e portare a un miglioramento complessivo degli esiti e della qualità della cura.
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