L’intelligenza artificiale (IA) dimostra di avere un enorme potenziale in molte aree della sanità, comprese ricerca e scoperte chimiche. Utilizzando grandi quantitativi di dati aggregati, l’IA può scoprire e imparare, trasformando tali dati in conoscenza “utilizzabile”.
Ben consce di questo aspetto, le principali case farmaceutiche mondiali hanno già iniziato ad avvalersi dell’intelligenza artificiale per migliorare le attività di ricerca di nuovi farmaci. L’obiettivo è sfruttare i moderni supercomputer e i sistemi di machine learning per prevedere come si potrebbero comportare le molecole e quanto è probabile ottenere un farmaco utile, risparmiando così tempo e denaro in test non necessari.
Il fattore chiave per il successo dell’IA nello sviluppo di farmaci è costituito dai dati condivisibili. Ricercatori farmaceutici e medici dispongono di vasti insiemi di dati grazie all’ecosistema della salute pubblica. Tra le fonti ci sono per esempio studi clinici, cartelle cliniche elettroniche, immagini mediche ad alta risoluzione e profili genomici, che possono essere utili per lo sviluppo di farmaci.
Mentre l’uso dell’IA nelle situazioni cliniche è ancora limitato, le applicazioni più pratiche dell’intelligenza artificiale riguardano le attività ordinarie e quelle di tipo data driven. Usando strumenti di intelligenza artificiale i ricercatori farmaceutici possono valutare rapidamente le ampie collezioni di banche dati di elementi e composti chimici e, sempre con l’aiuto dell’IA, possono scoprire tesori nascosti.
Attraverso degli algoritmi, i sistemi di IA possono individuare modelli all’interno di questi pool di dati. Il sistema di intelligenza artificiale impara rapidamente a perfezionare le informazioni chiave e a sviluppare ipotesi. Può anche affinare le sue risposte nel tempo. Grazie all’apprendimento automatico, incluso il deep learning, il computer si addestra a capire un problema, piuttosto che non a capire come fornire le migliori risposte pre-programmate.
Trovare e selezionare nuove molecole per avere dei farmaci di successo è una delle parti più difficili della scoperta di farmaci a causa delle vaste dimensioni di ciò che è noto come “spazio chimico” – l’intero catalogo di potenziali molecole farmacologicamente attive.
Si stima che questo spazio chimico sia nell’ordine di 1060 molecole – più del numero di stelle nell’universo – che fornisce un’indicazione dell’enormità del compito.
L’intelligenza artificiale consente di produrre meno molecole e con maggiore sicurezza sulle loro proprietà. E ottenere perciò un candidato clinico in tempi molto più rapidi.
Combinazioni attive di farmaci
Malattie complesse, come il cancro, che spesso richiedono efficaci combinazioni farmacologiche per produrre un significativo impatto terapeutico, possono trarre grandi benefici dall’impiego dell’intelligenza artificiale. Poiché i farmaci in queste terapie combinate sono sempre più indirizzati a specifici obiettivi molecolari, la progettazione di combinazioni efficaci di farmaci e la scelta della giusta combinazione per uno specifico paziente diventano più difficili.
L’IA sta avendo un impatto positivo anche sulla medicina personalizzata. Alla tradizionale capacità di analizzare in modo efficiente piccoli set di dati focalizzati su una specifica malattia, si contrappongono oggi piattaforme di AI basate su vasti set di dati che possono progettare razionalmente e ottimizzare combinazioni di farmaci in modo che siano efficaci. Il tutto basandosi su dati sperimentali reali e non su ipotesi meccanicistiche o modelli predittivi.
Nuovi medicinali e usi differenti per principi attivi già esistenti
L’intelligenza artificiale viene utilizzata in vari modi da chi produce farmaci: per esempio, per sviluppare diagnosi o biomarcatori migliori, per identificare gli obiettivi del farmaco e per progettare nuovi medicinali. Tuttavia, uno degli impieghi più diffusi dell’intelligenza artificiale sta nel trovare nuovi utilizzi per farmaci esistenti.
L’intelligenza artificiale può anche essere utile per progettare nuove molecole di farmaci partendo da zero. Questo nuovo approccio ha preso il via presso la Chapel Hill Eshelman School of Pharmacy dell’Università del Nord Carolina. Il sistema è stato chiamato Reinforcement Learning for Structural Evolution, ma è più noto con l’acronimo ReLeaSE, ed è l’insieme di un algoritmo e di un software per computer, che comprende due reti neurali le quali possono essere pensate come un insegnante e uno studente. L’insegnante conosce la sintassi e le regole linguistiche alla base del vocabolario delle strutture chimiche per circa 1,7 milioni di molecole biologicamente attive conosciute. Lavorando con l’insegnante, lo studente impara nel tempo e diventa via via più bravo nel proporre molecole che potrebbero essere utili per dar vita a nuove medicine.
Come si vede, l’intelligenza artificiale ha acquisito una propria posizione nel plasmare il futuro del settore sanitario. Sta, infatti, apportando un cambiamento radicale nella metodologia di cui ci si è avvalsi sinora per l’individuazione di nuovi farmaci, che tra i principali difetti ha un importante consumo di tempo e di denaro.
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