In un closed meeting presso la sede di Tecniche Nuove, alcuni rappresentanti di Fenagifar, la Federazione nazionale dei giovani farmacisti si sono confrontati sulle prospettive della professione
In Italia le regole del gioco del settore farmacia hanno iniziato a essere messe in discussione e cambiate a suon di decreto: poco più di dieci anni fa con i decreti Storace e Bersani e ora, ad agosto 2017, un altro decreto, quello sulla concorrenza, ha consentito l’ingresso dei capitali in farmacia. Sono passi che hanno creato due categorie di farmacisti: quelli che si sono formati e hanno operato prevalentemente nel vecchio mondo strutturato e ‘protetto’ e quelli, anagraficamente più giovani, che sono nati e cresciuti in una realtà di crisi e incertezza. I giovani danno per scontato quello che per i ‘vecchi’ farmacisti è una situazione disagiata e la situazione di ‘crisi’ è la normalità, per coloro che non hanno mai vissuto un momento di certezza e sicurezza per il futuro della farmacia.
Il vissuto dei giovani farmacisti
“Mi sono laureato 10 anni fa e da allora sento dire che è un momento di crisi”, nota Davide Petrosillo, presidente Fenagifar ed ex presidente Agifar Bergamo. “I giovani farmacisti titolari sono nati in trincea rispetto ai loro parenti o genitori o a chi sta in farmacia da tanto tempo e hanno capito che c’è molto da fare. Sono disposti a farlo e lo vedono come una cosa naturale. Per esempio il Ddl concorrenza ha creato una situazione che ora è diventata realtà, quindi è inutile lamentarsi, dobbiamo capire cosa possiamo fare di buono in questo nuovo contesto e cercare di sfruttare gli aspetti positivi del decreto. Penso che questa sia un po’ la visione di tutti i giovani verso la professione e la situazione attuale”.
“I giovani farmacisti”, continua Dario Dinoi, di Agifar Taranto e consigliere Fenagifar, “hanno accettato la sfida del cambiamento della professione che, oggi più che mai, ognuno interpreta secondo le proprie caratteristiche e secondo le proprie attitudini, per esempio partendo con un progetto online o diventando di riferimento per un settore in un’area geografica”.
Secondo una ricerca Fenagifar, i giovani sono disposti a fare esperienze internazionali per conoscere modi di vivere la professione in contesti europei. “Un dato che dimostra come la nostra generazione”, sottolinea Vladimiro Grieco, segretario Agifar Roma, “sia pronta ad accogliere la sfida, a dotarsi degli strumenti adatti e della determinazione idonea a vincerla. Una determinazione che dopo 30 anni di professione a volte è difficile riuscire a coltivare. È finita un’epoca ma non è finita la categoria”.
Secondo Carolina Carosio, vicepresidente Fenagifar e presidente Agifar Savona, “il coraggio è ciò che serve ai farmacisti che si affacciano ora sul mondo del lavoro, dove devono avere competenze e capacità di lavorare in modo collaborativo in team e in rete, un elemento, questo, che il percorso universitario non stimola e sviluppa in modo adeguato”.
Le competenze del nuovo farmacista
I farmacisti che hanno iniziato a formarsi una decina di anni fa e/o sono entrati solo di recente nella farmacia territoriale, sono cresciuti e si sono formati in un nuovo mondo e hanno sofferto della mancanza di una preparazione adeguata alle nuove richieste della farmacia territoriale. Il lavoro del farmacista italiano sarà sempre più differente da quello della generazione precedente. La difficoltà sarà quella di riuscire sviluppare nuove competenze senza perdere l’empatia e il rapporto con il paziente, che hanno sempre caratterizzato la farmacia italiana.
“Non bisogna perdere i valori e l’umanità che hanno caratterizzato da sempre il vissuto del farmacista e finora hanno coinciso con il valore della farmacia italiana. La professione è qualcosa di più ampio dell’impresa farmacia e non può essere legata solo alle competenze tecniche che una persona porta nel posto di lavoro, come può essere nell’industria farmaceutica. La professione è fatta da una serie di valori più trasversali rispetto alla realtà della singola farmacia”, sottolinea Umberto Musazzi, consigliere Agifar Lecco.
“La formazione più professionale, che ha le sue basi nell’università”, nota Luigi Congi, segretario Fenagifar e presidente Agifar Milano-Lodi, “può essere migliorata dopo la laurea con l’approfondimento della fisiopatologia e della farmacologia e della chimica, mentre la carenza più grave si riscontra nell’ambito della gestione dei collaboratori e dell’operatività sia di tipo commerciale sia informatica”.
Per Antonella Boldini, probiviro Fenagifar e consigliere Agifar Brescia, “al farmacista titolare o direttore di farmacia sono richieste competenze di marketing, commerciali e di gestione del personale. Questa ultima include capacità di leadership e di coordinamento delle caratteristiche dei collaboratori in modo da arrivare facilmente allo scopo comune di una buona organizzazione ed efficienza della farmacia vista come azienda. Il farmacista collaboratore invece deve avere capacità di iniziativa e saper lavorare all’interno del team della farmacia. Deve imparare a specializzarsi in settori di attività acquisendo poi competenze che possono essere utili a livello di servizi offerti dalla farmacia”.
La gestione economica è il vero punto dolente della farmacia, che deve riuscire a sopravvivere prima di tutto come impresa. Investimenti sbagliati in acquisti, scelte strategiche motivate da tendenze generali o da ‘mode’ e non dalle richieste reali del territorio sono errori che, a differenza del passato, possono mettere in ginocchio un’attività e allora non c’è professionalità che tenga. In questo contesto è fondamentale la formazione postlaurea che deve includere anche aspetti anche di natura non professionale. La formazione deve essere però di qualità, perché altrimenti non serve, e deve offrire anche la possibilità di interazione e aggiornare realmente. Secondo i partecipanti dell’incontro, in questo momento, la formazione online non ha ancora esplorato tutte le sue possibilità e per questo non sempre è adeguata.