Di capitali, concentrazione, forme d’impresa e reti si parla molto. Passare dalla teoria alla pratica, però, non sarà altrettanto semplice: il nuovo scenario che la Legge sulla Concorrenza ha disegnato per la farmacia non si realizzarà nell’immediato ma comporterà valutazioni approfondite e trasformazioni complesse
Alla Legge sulla Concorrenza vanno riconosciuti sicuramente dei meriti: avere dato un rinnovato interesse e fortissimi stimoli a un settore che rischiava di rimanere troppo autoreferenziale e adagiato su prassi e abitudini consolidate e aver offerto argomenti di discussione a tutti coloro che si occupano di farmacia. Infatti, di capitali, concentrazione, forme d’impresa e reti si parla molto. Anzi, moltissimo. Più difficile, naturalmente, sarà passare dalla teoria alla pratica. Non a caso le domande che ci vengono rivolte più spesso da manager e imprenditori del settore sono: in quanto tempo si compirà questa trasformazione? Quali saranno le forme e i modelli d’impresa (e i singoli distributori) dominanti? Quali conseguenze ci saranno per le relazioni di filiera tra industria-distribuzione e farmacie?
Il ‘lupo’ non fa così paura
Lo scenario futuro non sarà ‘monocolore’. Per quanto possano essere proficui i meccanismi speculativi degli investitori istituzionali che vogliono rastrellare e rivendere a pacchetto farmacie e per quanto ampie possano essere le disponibilità finanziarie degli operatori interessati a un ‘progetto industriale’ di gestione delle farmacie (catene e grossisti), la loro quota (numerica e ponderata) non sarà necessariamente tale da configurare una dominanza, né assoluta, né relativa. Questo perché, oltre alle difficoltà di acquisizione e costruzione delle reti, le catene si troveranno a fronteggiare la ‘resistenza’ dei modelli cooperativistici e soprattutto di grossisti e indipendenti che, rispetto ad altri settori, hanno la possibilità, se sapranno investire e gestire correttamente il loro tempo e le loro risorse economiche, di competere alla pari. Il ‘lupo’, dunque, c’è ma non fa poi così tanta paura. Non certamente come stanno paventando molto soggetti, istituzionali e non (ogni riferimento a fatti e persone reali è assolutamente non casuale). Non così tanto da dover correre necessariamente a forme di aggregazione. Intendiamoci, l’aggregazione è un’opportunità e offre opportunità a più livelli: tra farmacie, tra farmacie e distributori, tra distributori (siano essi grossisti o cooperative).
La rete delle reti
La ‘rete delle reti’ è un’idea che concettualmente sta in piedi: è il modello sviluppato con successo nel largo consumo da Conad. Al di là del fatto (in realtà poco rilevante dal punto di vista dei modelli) che proprio Conad è uno dei retailer che maggiormente ha ‘aggredito’ le farmacie in questi anni, bisogna però ricordare che in altri settori (e anche nella stessa Gdo a base alimentare) molti sono i casi di insuccesso o, quanto meno, di minore successo.
In alcuni casi, paragonabili per analogia a quello che potrebbe accadere nel settore farmaceutico, i problemi sono sorti nella relazione tra i distributori intermedi, che comunque entrano in conflitto in fase di crescita per l’inevitabile sovrapposizione territoriale (dalle ‘guerre di confine’ alle vere e proprie invasioni) per affiliare retailer. Più spesso è la disomogeneità tra i partecipanti alle reti e nei loro bisogni che rende difficile il networking. Alcune cooperative già oggi hanno raggiunto dimensioni tali da poter fare da sole (anche in questo caso ogni riferimento è assolutamente non casuale) e potrebbero non essere interessate a condividere con altri, potenzialmente più piccoli, più lenti, più arretrati, le strategie e i sistemi di gestione sviluppati.
Quindi la ‘rete delle reti’ potrà svilupparsi e raggiungere quelle dimensioni che le consentiranno di essere un player di riferimento (se riuscirà a offrire valore ai partecipanti e mantenere coesione interna), ma non sarà certo l’unico player (in assoluto e nemmeno l’unico ‘baluardo contro le catene di proprietà’ e non quello ‘dominante’.
Infine, non va dimenticata l’esperienza dei modelli aggregativi e di network fino ad oggi sviluppati in Italia. Questa esperienza insegna che, anche a fronte di modelli regolati da rapporti molto forti (proprietà o full franchising), per diventare realmente una rete è necessario un passaggio culturale molto forte a livello non solo di organizzazioni e management centrale, ma soprattutto a livello periferico di chi gestisce i punti vendita (farmacie), siano essi titolari associati o anche dipendenti.
Sono trasformazioni lunghe e complesse, rispetto alle quali alcuni titolari indipendenti (quelli con maggiore spirito imprenditoriale e capacità manageriale, oltre che professionale) hanno finora dato prova di essere più competitivi delle stesse catene.